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La storia

Il comune di Monte San Vito si trova a 135 s.l.m. e si erge sulla somma di una collina, compresa fra i torrenti Guardengo e Triponzio. Il territorio risulta frequentato già dal paleolitico, soprattutto da gruppi di cacciatori che hanno lasciato traccia del loro passaggio. Molti dei ritrovamenti avvenuti (manufatti di selce, utensili, ecc....) si trovano oggi esposti presso il Museo Preistorico Etnografico "Pigorini" di Roma e presso il Museo Archeologico Nazionale delle Marche di Ancona. Le origini questo nucleo vengono fatte risalire a due antichi castelli: Castel San Pietro e Bitodunum, poi diventato Vitodunum. Quest'ultimo fu fondato sicuramente dai Galli Senoni intorno al 4° secolo a.C. Il primo documento scritto in cui viene menzionato Monte San Vito risale al 1053 e successivamente nei "Regesti Senigalliesi" del 1155. Ma il comune assume un considerevole rilevo storico con la pubblicazione del diploma emanato da Federico I il Barbarossa nel 1177. Questo specialissimo e privilegiato diploma sottraeva il paese alla giurisdizione anconetana mettendolo sotto il diretto dominio dell'imperatore. Alla morte dell'imperatore, la comunità monsanvitese tornò sotto la giurisdizione della città di Jesi. Il dominio di Jesi sul castello fu oggetto per lunghi anni di aspre contese con la città di Ancona. Agli inizi del XV secolo il castello fu occupato dai Malatesta che consolidarono la fortificazione, costruendo una rocca che ora è inglobata nel Palazzo del Municipio. Le diatribe tra Jesi e Ancona continuarono ancora per diversi decenni finché Papa Leone x concesse definitivamente il castello della città di Ancona costringendo Jesi al pagamento di un'indennità elevata. Dopo un difficile periodo di brigantaggio e carestie, il paese si avviò verso una crescita costante tanto che Papa Paolo V (1605) gli concessi il titolo di "Terra". I due secoli che seguirono, sotto il governo papalino, furono caratterizzati da un progressivo decollo agricolo che consentì al paese una certa ricchezza economica, tanto da essere segnalata nel "Motu proprio" di Papa Pio VII del luglio 1803, dove risulta che il patrimonio di Monte San Vito ammontava alla somma di 100.667 scudi romani.

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Luoghi da scoprire

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Palazzo Malatesta

Il palazzo Malatesta fu fatto erigere dai Malatesta di Rimini, che tra il 1295 e il 1528 ampliarono il territorio acquistando centri e castelli in Romagna e nelle Marche. Nel 1430 Carlo Malatesta cedette il Palazzo al Comune. Nel corso del XVI secolo il palazzo subì sostanziali modifiche, ma conserva ancora oggi la sua originaria localizzazione planimetrica. Nella Sala Consiliare si possono ammirare sette tele di prospettive architettoniche attribuite a Lorenzo Daretti, risalenti alla seconda metà del XVIII secolo. Nell'ufficio del sindaco troviamo una copia del diploma di Federico I di Svevia emanato nel 1177. Il Palazzo Comunale ospita inoltre dodici tempere nelle lunette del soffitto della Sala adiacente a quella consiliare del pittore Carlo Boria, pittore di Chiaravalle, realizzate negli anni Ottanta, che rappresentano i momenti salienti di vita e di storia locale del Novecento. Il palazzo, attualmente, è sede municipale.

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Chiesa collegiata San Pietro Apostolo

La chiesa collegiata dedicata a San Pietro Apostolo fu costruita a partire dal 1753, in stile tardo-barocco con tratti Vanvitelliani e neoclassici su disegno dell'Arch, Cristoforo Moriconi. La facciata della chiesa si caratterizza per essere un "non finito", mostrando la struttura muraria. L'edificio ha un impianto a croce latina, sormontato da una cupola interamente decorata da stucchi attribuiti a Gioacchino Varlè. All'interno si conservano numerose e pregevoli tele, di notevoli interesse sia per esecuzione stilistica che per stesura pittorica, tra cui di grande prestigio vi sono:-"Madonna della Misericordia" del 1551 attribuita alla scuola del Perugino;-"Madonna Del Soccorso" di Filippo Bellini (1550-1603);-Salvator Mundi di Andrea Lilli (1570-1631).Da segnalare inoltre il prezioso coro ligneo del 1800, l'antico crocifisso del 1600 del grande organo a canne.

Teatro Condominiale "La Fortuna"

Il Teatro Condominiale "La Fortuna" di Monte San Vito risale al 1757. Il locale utilizzato originariamente come un mulino da olio venne acquistato da diciotto notabili monsanvitesi che decisero di destinarlo a "Teatro Condominiale" in quanto di proprietà di privati cittadini. All'inizio il teatro presentava soltanto la platea. La creazione dei palchetti avvenne in un secondo momento, presumibilmente grazie ai proventi delle prime rappresentazioni. Dopo un attento restauro, il 28 gennaio 1928 il Teatro fu riaperto e per l'occasione fu rappresentato il "Don Pasquale" di Donizetti. Numerose e prestigiose furono le rappresentazioni che seguirono fino al 1966, anno in cui la struttura venne dichiarata inagibile. All'inizio degli anni Duemila, l'Amministrazione Comunale avvia un nuovo restauro che riporta il Teatro Condominiale "La Fortuna" al suo antico splendore.

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Centro Turistico Carlo Urbani

Originariamente, nel 1500, l'edificio ospitava un monastero cistercense, trasformato nel 1903 in Consorzio Agrario e divenuto nel 2006, dopo un attento restauro, Centro Turistico. La struttura si caratterizza per l'elegante accostamento tra l'architettura originale del '700 e moderne soluzioni. Il Centro si sviluppa su due piani ed ospita sei sale. Al piano terra sono collocati l'ampio e luminoso atrio e la Sala dell'Oratorio, che dispone di circa 80 poltroncine e impianti audio e video; attualmente ospita convegni, incontri e piccoli concerti. In questa sala, rimasta per secoli come incompiuto oratorio del convento, è stata recuperata la struttura lignea originaria con l'ausilio di capriate di acciaio. Nel piano interrato si trovano la Sala delle Barrule, predisposta per l'allestimento di mostre, la Sala del Grano, la Sala del Voltone ed un'altra saletta espositiva.

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Frantoio Storico

Il Frantoio storico del XVII secolo costituisce un complesso di notevole interesse storico, non tanto per le proprie caratteristiche architettoniche, quanto per la particolarità di essere rimasto nel tempo pressoché inalterato e corredato dalle apparecchiature originali. È a pianta rettangolare semplice e si sviluppa su due piani: il piano seminterrato del frantoio vero e proprio ed il piano terra destinato a deposito per la raccolta delle olive. Le olive grazie ad un'apertura nel pavimento del magazzino cadevano nelle nella potente e pesante macina di pietra, datata 1688, azionata grazie all'aiuto di animali da tiro. Quello che rimaneva delle olive dopo la frantumazione finiva nei fiscoli pressati poi da grosse presse di legno rovere, risalenti al 1770. Recentemente, grazie ad un contributo concesso dalla Regione Marche, è stato recuperato e restaurato, quindi trasformato in un museo per fini turistici, ma soprattutto per testimoniare la vocazione di Monte San Vito alla produzione di olio d'oliva di pregevole qualità.

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